26 Gennaio 2022
Sì alla variazione in diminuzione se l’infruttuosità del credito è certa
Per le procedure concorsuali avviate prima del 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del Dl n. 73/2021), l’emissione delle note di credito richiede la conclusione infruttuosa delle stesse (articolo 26, comma 2, del decreto Iva). Con la risposta n. 50/2022 l’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti a un soggetto, creditore di ingenti somme nei confronti di un suo cliente il quale, a seguito di fallimento, non ha provveduto al pagamento di un numero elevato di fatture, emesse e rimaste insolute. L’istante chiede quale sia il dies a quo a partire dal quale può emettere la relativa nota di variazione in diminuzione (articolo 26, comma 2, del decreto Iva), in modo da stornare le fatture originariamente emesse nei confronti del cliente fallito, avendo il dubbio se individuare l’infruttuosità nello spirare del termine di notifica ai creditori del progetto di riparto o nel momento di intervenuta esecutività del piano di riparto finale.
La norma legata al caso in esame è l’articolo 26, comma 2, del Dpr n. 633/1972, secondo la quale “se dopo l’emissione e la registrazione di una fattura, un’operazione «viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente”, il cedente o prestatore può effettuare le opportune rettifiche attraverso un’apposita “nota di credito”. Solo allora il contribuente può quindi portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione.
L’Agenzia rileva che lo stesso decreto Iva all’articolo 26 prevede la variazione in diminuzione anche per i mancati pagamenti a seguito di procedure esecutive rimaste infruttuose, principio però applicabile alle sole procedure avviate dopo il 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore della misura introdotta dal decreto “Sostegni-bis”). Per le procedure avviate prima di tale data l’emissione della nota di credito è legata alla conclusione infruttuosa delle stesse.
Vengono richiamati altresì dei documenti di prassi (circolare n. 77/2000, risoluzioni n. 155/2001, n. 89/2002, n. 195/2008) che hanno chiarito la necessità da parte del creditore di esperire tutte le azioni per recuperare le somme spettanti prima di procedere alla variazione in diminuzione per un mancato pagamento. Nelle procedure concorsuali, quindi, la procedura deve essere avviata almeno con un atto, ad esempio la sentenza di fallimento, il creditore deve essersi insinuato al passivo della procedura e quest’ultima si deve essere conclusa infruttuosamente.
In particolare, la circolare n. 77/2000 ha chiarito che la facoltà di emettere la nota di variazione può comunque essere esercitata “solo dopo la conseguita certezza della rilevata infruttuosità del credito, ritenendosi che tale comportamento debba essere successivo alla definitività del piano di riparto dell’attivo predisposto dal curatore o dal commissario liquidatore, poiché è solo in tale momento che il creditore ha la certezza giuridica della quantificazione del proprio credito”.
In conclusione, il presupposto per l’emissione della nota di credito è rappresentato dalla definitività del piano di riparto finale e dal contestuale deposito in cancelleria del decreto di esecutività, che nel caso in esame secondo quanto riferito dall’istante è avvenuta il 20 gennaio 2021(dies a quo). Da tale momento decorrono i termini per poter esercitare la detrazione dell’Iva, previa emissione della nota di variazione de quo.
Riguardo il dies ad quem, la nota andrà emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa all’anno in cui si sono verificati i presupposti per la variazione in diminuzione, mentre il diritto alla detrazione può essere esercitato entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto è sorto e la nota di credito è stata emessa e registrata.
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