3 Maggio 2021
Welfare aziendale, le borse di studio non possono fruire dell’esenzione
Una società del settore metalmeccanico che intende introdurre in via sperimentale per il biennio 2020-2021 un piano di welfare a carattere premiale rivolto a due categorie di soggetti, consistente nell’assegnazione di un budget di spesa figurativo (a carico del datore di lavoro e non rimborsabile) fruibile attraverso il conferimento di borse di studio da assegnare ai familiari dei dipendenti, che potranno essere richieste secondo le condizioni e i limiti previsti nel regolamento anche senza il raggiungimento di risultati eccellenti, non potrà beneficiare dell’esenzione sulle somme erogate. È la precisazione contenuta nella risposta dell’Agenzia delle entrate n. 311/2021.
L’istante fa presente che le somme saranno corrisposte a fronte di una certificazione che attesti l’iscrizione e la frequenza dell’alunno, la promozione senza debiti nel caso di scuole primarie o secondarie, il superamento di almeno la metà degli esami nel caso di percorso universitario. L’interpellante chiede quale sia il corretto regime fiscale e se, nel caso in cui il lavoratore non utilizzi, in tutto o in parte, il credito welfare maturato nel primo anno, può cumularlo con quanto maturato nel secondo anno.
L’Agenzia ricorda, in via preliminare, l’articolo 51, comma 1, del Tuir, in base al quale costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Richiama, inoltre, le numerose esenzioni previste dal successivo comma 2 (fra cui, i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro enti con finalità assistenziali, le somme per abbonamenti a mezzi di trasporto, quelle relative alla formazione ricreazione o assistenza sociale e sanitaria del dipendente, le erogazioni per ludoteche o centri estivi e quelle per l’assistenza ai familiari anziani), ricordando che i beni e servizi esclusi dalla tassazione devono essere erogati alla generalità dei dipendenti.
L’articolo 51, comma 2, lettera f-bis) ha poi ampliato la portata dei servizi fruibili dai familiari, includendo quelli di educazione e istruzione anche in età prescolare, i servizi di mensa, la frequenza di ludoteche, di centri estivi e invernali e borse di studio. Riguardo tale estensione la circolare n. 238/2000 chiarisce che fra i benefit possono essere ricompresi i contributi versati dal datore di lavoro per rimborsare al lavoratore le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri di testo, oltre agli incentivi economici a tutti gli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico.
Fatte queste premesse l’Agenzia rileva che nel caso in esame le borse di studio predisposte dal piano welfare aziendale non sono vincolate al raggiungimento di un risultato di eccellenza, come previsto dalla normativa, ma sono corrisposte con un semplice attestato di frequenza scolastica, promozione o parziale superamento degli esami universitari.
Tali somme, infatti, secondo quanto riferito dall’istante, non sono corrisposte a titolo di rimborso delle spese di iscrizione o a copertura delle rette, né per premiare studenti che conseguono livelli di eccellenza, essendo sufficiente il normale svolgimento del percorso scolastico.
L’Agenzia, inoltre, rileva che l’importo della borsa di studio non essendo commisurata al raggiungimento di risultati meritevoli appare troppo rilevante rispetto al grado d’istruzione raggiunto.
In conclusione, considerando che il legislatore chiaramente vuole evitare che l’erogazione in natura si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente, i benefit corrisposti dall’istante non potranno beneficiare dell’esenzione non avendo i requisiti previsti dalla norma consistenti in un’ampia platea di beneficiari o nel raggiungimento di un risultato eccellente.
Riguardo il secondo quesito posto dall’istante sulla fruibilità del credito residuo, l’Agenzia ritiene che in caso di mancato utilizzo, in tutto o in parte, del credito maturato nel primo anno, il lavoratore possa cumularlo con quello del secondo anno, nel limite temporale di validità del piano e a condizione che lo stesso benefit non sia convertibile in denaro.
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