25 Settembre 2020
Piano di welfare aziendale Il benefit alla prova fiscale
Le utilità a carattere premiale legate al raggiungimento di uno specifico obiettivo economico di fatturato, dettagliatamente specificate nei Regolamenti aziendali di welfare ed erogate da una società ai dipendenti, non concorrono (quasi in toto) alla formazione del reddito di lavoro dipendente, perché destinate a beneficiari indistinti.
Lo precisa l’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 55/E del 25 settembre 2020, attraverso un articolato ragionamento fondato sulla norma di riferimento (articolo 51, commi 1, 2, 3 e 4, del Tuir) e sulla propria prassi chiarificatrice.
In particolare, rilevando che il Piano welfare è rivolto ai lavoratori appartenenti a due individuate aree aziendali con almeno 2 anni di anzianità di servizio e con un orario di lavoro giornaliero di almeno 6 ore e che, quindi, i benefit non sono destinati solo ad alcuni e ben individuati lavoratori, ammette il Piano nel perimetro applicativo del comma 2 dell’articolo 51, ma con due eccezioni.
Il documento i prassi passa, quindi, in rassegna, i singoli benefici previsti, osservando che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente sia il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per l’acquisto di abbonamenti di trasporto pubblico, anche se relativi ai familiari fiscalmente a carico (cfr circolare n. 5/2018), che le altre utilità aventi finalità ricreative, come “Cinema”, “Musei”, “Palestre”, “Parchi divertimento”, “Abbonamenti a riviste”, nonché le “Soluzioni di viaggio e cofanetti”.
Il valore di tali benefit non risulterà imponibile nella sola ipotesi in cui al dipendente venga riconosciuta la possibilità di aderire o non all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza pertanto poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.
Ancora, restano fuori dal reddito imponibile i servizi “Benessere”, “Cura alla persona” e i “Corsi di formazione” aventi finalità educative e/o formative organizzati da strutture qualificate. Per tali categorie è necessario che i benefit siano riconducibili a una finalità ricreativa e/o di svago, ovvero a finalità educative e di istruzione.
Non sono imponibili i rimborsi spesa per “le rette di iscrizione e frequenza materna dal nido all’università”, i “Master universitari”, i “Libri, scolastici”, la “Mensa scolastica (esclusa quella universitaria)”, le “Gite scolastiche”, lo “Scuolabus, Pre e dopo scuola”, la “Babisitting”, i “Campi estivi”, “l’assistenza di familiari anziani o non autosufficienti” e anche i voucher per “food”, “benzina” e “shopping”, se non superano il valore di 258,23 euro.
In relazione, infine, alle offerte in ambito sanitario ai dipendenti e ai loro familiari, tra cui la concessione di carte che offrono al titolare una serie di servizi come l’assistenza sanitaria telefonica “Medico H24” e la consulenza veterinaria telefonica per animali domestici, l’Agenzia precisa che tale ultima opportunità non può essere ricompresa nell’articolo 51, comma 2, lettera f) del Tuir. Questo in quanto, a norma della lettera f) “non concorre al reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, l’utilizzazione delle opere e dei servizi aventi finalità di assistenza sociale e sanitaria offerti dal datore di lavoro ai dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12” del Tuir, che non comprende gli animali domestici.
In conclusione, il Piano welfare consente al dipendente di utilizzare il credito welfare quale contributo per il pagamento degli interessi su finanziamenti (mutuo e prestiti). In particolare, il regolamento precisa che “Il dipendente effettua la richiesta sulla Piattaforma, allegando il piano di ammortamento. A valle della validazione, il back-office provvede a erogare l’importo direttamente sul c/c indicato dal Dipendente, nella stessa data valuta di addebito della rata di finanziamento”.
A parere dell’Agenzia, qualora le modalità di accreditamento della somma realizzino un collegamento immediato e univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi di mutuo, così come rappresentato dalla risoluzione n. 46/E del 2010, il credito welfare destinato quale “contributo azienda su interessi per finanziamenti”, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente nei limiti previsti dall’articolo 51, comma 4, del Tuir.
Per quanto concerne invece la deducibilità dall’Ires dei costi sostenuti dalla società per l’attuazione del Piano welfare, l’amministrazione non rileva alcun ostacolo all’applicazione dell’articolo 95 del Tuir, laddove le utilità ricomprese nel Piano, e offerte ai dipendenti, vengano riconosciute in ragione di contratto, accordo o regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale.
Al riguardo, infatti, con la circolare n. 28/2016, ha precisato, tra l’altro, che relativamente alle fattispecie di cui alle lettere f), f-bis), f-ter) ed f-quater) del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir “la erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo testo unico”.
Affinché un regolamento configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, lo stesso deve essere, quindi, non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro.
Nel caso in esame è proprio così, i regolamenti infatti precisano che “in quanto atto negoziale, ancorché unilaterale, le erogazioni ivi previste costituiscono una obbligazione nei confronti dei lavoratori”.
Pertanto, nel presupposto che la società non possa esimersi dall’erogazione dei benefit previsti nel Piano welfare in esame, l’Agenzia ritiene applicabile l’articolo 95 del Tuir ai fini della deducibilità dei costi sostenuti.
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