17 Gennaio 2024
La non operatività biennale fa riemergere il credito Iva
La società risultata non operativa per soli i periodi d’imposta 2009 e 2010 e non anche per il 2011, rientra, per quell’anno, in una delle cause di esclusione/disapplicazione della normativa “punitiva” dettata dall’articolo 30, della legge n. 724/1994, “la stessa è infatti risultata congrua e coerente «ai fini degli studi di settore (cod. 11), come si evince dalla dichiarazione Mod. Unico SP 2012»”. . Pertanto, afferma l’Agenzia, con la risposta n. 10 del 17 gennaio 2024, potrà ripristinare, in dichiarazione, il credito Iva che aveva erroneamente ottenuto a rimborso nel periodo di non operatività
Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo 30 dispone, infatti, che l’eccedenza di credito Iva maturata non può essere ulteriormente riportata a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi d’imposta successivi, con conseguente perdita definitiva di tale credito, qualora il contribuente sia risultato non operativo per tre periodi d’imposta consecutivi. Il ricorrere, per il 2011, della causa di esclusione, comporta, quindi, il venir meno di uno dei presupposti per la perdita definitiva del credito Iva maturato. La società istante, in particolare, potrà rigenerarlo, previo riversamento delle 72 rate mensili concordate con l’Agenzia delle entrate-Riscossione.
A tal proposito, l’Agenzia richiama le indicazioni fornite con la risoluzione n. 452/2008, che restano valide con riferimento alle indebite compensazioni oggetto di recupero con atto notificato ante vigenza del comma 4 dell’articolo 13 del Dlgs n. 472/1997, secondo cui, “l’errato utilizzo in compensazione di un credito Iva esistente oltre il limite previsto dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, potrà essere regolarizzato mediante il versamento di una somma pari all’eccedenza Iva utilizzata, maggiorata degli interessi e con il versamento delle sanzioni (pari al 30 per cento del credito eccedente) in misura ridotta così come prevede l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il credito Iva, così ripristinato, potrà essere utilizzato in compensazione, nei limiti previsti, con eventuali debiti tributari e contributi futuri”.
Le istruzioni per la compilazione del modello Iva 2023, inoltre, con riferimento al rigo VL40, chiariscono che è possibile “indicare l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo in compensazione del credito IVA in mancanza del visto di conformità previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del decreto legge n. 78 del 2009). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella del credito formatosi nel periodo d’imposta relativo alla presente dichiarazione”.
Detto questo, l’Amministrazione osserva che, limitatamente alle somme rateali effettivamente pagate ogni anno, l’istante possa indicare, nel rigo VL40 della dichiarazione Iva annuale, la quota di credito Iva così ”ripristinata”, che confluirà in tal modo nel quadro VX, ove sarà possibile chiederne il rimborso, sussistendo le condizioni fissate dall’articolo 30 del decreto Iva, ovvero destinarlo in detrazione e/o in compensazione. L’utilizzo del credito, in ogni caso, è subordinato alla preventiva esposizione nella dichiarazione annuale. Ciò, ancor di più nel caso in esame, dove il riversamento del credito non è effettuato tramite modello F24, ma utilizzando bollettini/moduli di pagamento o mediante addebito diretto su conto corrente, così come previsto per le somme da pagare alla Riscossione.
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