20 Settembre 2022
Forfetario e regime impatriati, impossibile la convivenza
L’adesione al regime forfetario dopo il rientro in Italia non consente, pur avendone i requisiti, di esprimere a posteriori l’opzione per beneficiare del regime a favore dei “lavoratori impatriati”. In estrema sintesi è quanto precisa l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 460 del 20 settembre 2022 a un cittadino italiano, iscritto all’Aire, rientrato nel nostro Paese lo scorso aprile dopo quattro anni di residenza nel Regno Unito e in possesso dei requisiti per beneficiare del trattamento fiscale agevolato destinato ai lavoratori che tornano nel Belpaese dopo un periodo all’estero.
In Italia svolgerà attività di lavoro autonomo e sta valutando se optare, nel primo anno, per l’applicazione del sistema fiscale forfetario visto che presumibilmente i suoi compensi, in tale periodo, saranno inferiori a 65mila euro, soglia limite per usufruire del suddetto regime.
L’istante chiede se può utilizzare alternativamente, in anni di imposta differenti, i due regimi agevolati e se non perderà i requisiti per le agevolazioni riservate agli impatriati nei primi cinque periodi successivi al trasferimento nel caso in cui aderisse nel primo anno al forfetario.
La risposta dell’Agenzia è chiara, il contribuente deve scegliere: le due misure agevolative non sono sovrapponibili.
Il regime speciale per “impatriati”, previsto dall’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015, stabilisce che, a determinate condizioni, i redditi di lavoro dipendente e assimilati e quelli di lavoro autonomo del cittadino che torna in Italia dopo minimo due periodi d’imposta con residenza all’estero, formano il “reddito complessivo” soltanto per il 30% del loro ammontare. Lo sconto fiscale vale dall’anno del “rimpatrio” e per i quattro successivi.
I presupposti soggettivi e oggettivi necessari per beneficiare del taglio dell’imponibile sono stati ampiamente illustrati nella circolare n. 33/2020 a cui l’Agenzia rimanda per eventuali approfondimenti (vedi articolo “Regime fiscale impatriati: i chiarimenti dell’Agenzia”).
E anche per quanto riguarda la soluzione del quesito oggetto dell’interpello la circolare non lascia dubbi. Precisa, infatti, che il regime è applicabile ai soli redditi (di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e di lavoro autonomo) che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del Tuir.
La condizione non è certamente riscontrabile nel regime forfetario, che determina il reddito, appunto, secondo criteri “forfetari”, applicando al totale dei ricavi o dei compensi un coefficiente di redditività in misura diversificata in base al codice Ateco dell’attività svolta, sul quale viene poi operata un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’Irap, pari al 15 per cento.
Il reddito così determinato, per espressa previsione del Tuir, non concorre alla formazione del “reddito complessivo” come invece richiede il bonus “lavoratori impatriati”.
La conferma della preclusione all’applicazione di entrambi i regimi arriva nuovamente anche dalla circolare n. 33/2020 secondo cui “il contribuente che rientra in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo beneficiando del regime forfetario non potrà avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo”.
Pertanto, l’adesione al forfetario preclude, pur avendone i requisiti al momento del rientro in Italia, di optare successivamente per il diverso regime degli impatriati.
In definitiva, quindi, nel caso in cui l’istante dovesse scegliere di applicare il forfetario nel 2022, negli anni successivi e fino al compimento dei cinque anni potenzialmente agevolabile (ossia dal 2023 al 2026), non potrà fruire dell’agevolazione destinata ai lavoratori rimpatriati.
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