15 Gennaio 2025
Fringe benefit per i dipendenti, ok alla carta di debito nominativa
In materia di fringe benefit da destinare ai dipendenti, i beni e i servizi previsti dal piano di welfare aziendale possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione, purché il loro valore complessivo non ecceda il limite previsto dalla legge, superato il quale il vantaggio concorre per intero a formare il reddito da lavoro dipendente ed è soggetto a tassazione, come stabilisce l’articolo 51, comma 3 del Tuir. In questa eventualità, come ad esempio la concessione di una carta di debito nominativa che i dipendenti possono utilizzare presso un numero determinato di esercenti, il sostituto d’imposta non è tenuto ad applicare all’importo erogato la ritenuta a titolo d’acconto. È quanto precisa l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 5 del 15 gennaio 2024.
A chiedere chiarimenti sul tema è una società che, mediante regolamento aziendale, vuole adottare un piano di welfare che preveda appunto l’erogazione di fringe benefit tramite una carta di debito nominativa assegnata ai propri dipendenti da un provider informatico, al quale la società intende affidare la gestione del servizio.
Questa carta di debito, precisa la società, potrebbe essere utilizzata dai dipendenti solo presso fornitori specificamente individuati, e soltanto per i beni e i servizi messi a disposizione dal datore di lavoro, nel limite del budget di spesa figurativo dallo stesso assegnato. Inoltre, non sarebbe monetizzabile o convertibile in denaro, ed essendo nominativa, quindi utilizzabile unicamente dal dipendente, non sarebbe cedibile a terzi o commercializzabile. In più, sarebbe spendibile esclusivamente presso gli esercizi commerciali che svolgono attività d’impresa nei soli settori preventivamente individuati dalla società come potenziali erogatori di fringe benefit per i propri dipendenti.
Alla luce di questi elementi, in qualità di sostituto d’imposta, la società chiede all’Amministrazione se la carta di debito in oggetto possa essere qualificata come un documento di legittimazione (secondo l’articolo 6, comma 2, del decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 marzo 2016) e costituire un voucher cumulativo (articolo 51, comma 3-bis, del Tuir), esentandola quindi dall’obbligo di applicazione della ritenuta a titolo d’acconto (articolo 23 del Dpr n. 600/1973), sul valore dei beni e dei servizi da assegnare ai propri dipendenti.
Nel rispondere al quesito, l’Agenzia ricorda in primis che, in base all’articolo 51, comma 1 del Tuir, costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro (principio di onnicomprensività), a eccezione delle deroghe previste nei successivi commi del medesimo articolo. In particolare, a questo proposito, il comma 3 prevede che non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati non superiore a 258,23 euro, superati i quali lo stesso concorre invece interamente a formare il reddito. Inoltre, in base al comma 3-bis, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.
Il vincolo di spesa relativo ai fringe benefit, previsto come detto nel comma 3 dell’articolo 51 del Tuir, è stato modificato da varie disposizioni negli ultimi periodi d’imposta. La legge di bilancio 2024, ad esempio, ha previsto che (limitatamente al periodo d’imposta 2024), non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di mille euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme a questi ultimi erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa o per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Inoltre, per alcune categorie di lavoratori dipendenti con figli, il limite è stato elevato a 2mila euro.
Chiariti questi aspetti, l’Agenzia ricorda la specifica disciplina relativa alle caratteristiche e alle modalità di fruizione dei voucher (richiamata già nella circolare n. 28/E del15 giugno 2016), la quale stabilisce che tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, senza integrazioni a carico del titolare (articolo 6, comma 2, del decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 marzo 2016). L’oggetto della prestazione alla quale il titolo può dare diritto deve consistere in un bene o un servizio e, pertanto, il voucher non può essere rappresentativo di somme di denaro.
In deroga al principio in base al quale i voucher devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, il comma 2 dell’articolo 6 del decreto citato prevede che i fringe benefit possano essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione, purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo previsto dalla legislazione vigente.
Il voucher cumulativo può rappresentare anche una pluralità di beni presenti su una piattaforma elettronica, che il dipendente può combinare a sua scelta nel ”carrello della spesa”. Resta inteso che, qualora il valore dei fringe benefit, complessivamente erogati nel periodo d’imposta sia sotto forma di voucher che nelle modalità ordinarie, superi il limite di 258,23 euro, lo stesso concorre interamente a formare il reddito da lavoro dipendente, ad eccezione dei periodi d’imposta per i quali tale limite è stato modificato.
Come specificato nella risposta n. 273 del 18 luglio 2019, l’Agenzia ha ammesso la possibilità di utilizzare un budget figurativo per la fruizione di beni e servizi attraverso un circuito elettronico. Nel caso della società in questione, pertanto, considerando la conformità al massimale dei vincoli di spesa relativi ai fringe benefit e le corrette modalità di utilizzo ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 51 del Tuir, la carta di debito assegnata ai propri dipendenti può essere considerata un documento di legittimazione. Ne consegue che, in qualità di sostituto d’imposta, la società non è tenuta ad applicare la relativa ritenuta a titolo d’acconto.

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