21 Marzo 2024
Immobile adibito a social housing escluso dal Superbonus “maggiorato”
La ristrutturazione di un immobile effettuata da un ente religioso, finalizzata a fornire degli alloggi nell’ambito di un’attività di “social housing”, configura un’attività di carattere residenziale che non può essere inclusa fra quelle di assistenza sociale e sociosanitaria ammesse a fruire delle misure più favorevoli del Superbonus previste per Onlus e organizzazioni di volontariato per ”servizi sociosanitari e assistenziali” (articolo 119 comma 10-bis del Dl n. 34/2020). È quanto precisato dall’Agenzia delle entrate con la risposta n. 75 del 21 marzo 2024.
L’istante, un ente religioso, fa sapere che nell’ambito delle attività previste dal proprio statuto, di ”assistenza sociale e sociosanitaria” e di “beneficenza” è stata costituita una Onlus per assistere le persone in situazioni di disagio che utilizzerà gli immobili dell’ente religioso per realizzare le attività benefiche. In questo ambito chiede se può fruire delle agevolazioni del Superbonus previste in misura più favorevole, a determinate condizioni, dall’articolo 119 comma 10-bis del Decreto Rilancio e se l’oggetto dei lavori che intende eseguire possa essere la porzione di un immobile, parzialmente adibito a convento, che sarà destinata allo svolgimento di una attività di ”social housing”, che si attuerà tramite locazione, a canoni calmierati, di alloggi e servizi abitativi a favore di persone disagiate che potranno disporre anche di spazi comuni. A titolo esemplificativo tali alloggi saranno destinati a categorie particolarmente svantaggiate dal punto di vista economico o di salute.
L’Agenzia ricorda che le misure di favore previste dalla normativa sul Superbonus (articolo 119, comma 10-bis) prevedono una vantaggiosa modalità di calcolo per le Onlus che svolgono prestazioni di ”servizi sociosanitari e assistenziali”, i cui membri del consiglio di amministrazione non percepiscono compensi, e che effettuano interventi su immobili B/1 (come collegi, orfanotrofi, ospizi, conventi), B/2 (come le case di cura e ospedali senza fine di lucro) e D/4 (case di cura ed ospedali con fine di lucro), posseduti a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o in comodato d’uso.
Viene evidenziato, inoltre, che per le attività di ”social housing”, il Dlgs n. 460/1997 non menziona espressamente tale tipologia di attività tra quelle che le Onlus possono svolgere istituzionalmente e che nel caso di messa a disposizione di alloggi a favore di categorie di soggetti ”svantaggiati”, occorre invece verificare se tale attività possa essere inclusa fra quelle di “assistenza sociale e socio sanitaria” di cui all’articolo 10, comma 1, lettera a), n.1 dello stesso Dlgs n. 460/1997.
L’Agenzia, quindi, rileva che nel campo della assistenza sociale meritevole di tutela, il “disagio economico” deve concorrere con altri criteri, volti a cogliere ulteriori aspetti di difficoltà dell’individuo, come condizioni fisiche, sociali o familiari.
Mentre la semplice messa a disposizione di alloggi nei confronti dei soggetti svantaggiati non sembra rientrare nel campo delle attività tutelate di cui al comma 1, lettera a), n. 1 del citato articolo 10.
In base a quanto precisato dall’istante, l’attività di social housing che intende avviare consiste nella generica locazione di alloggi a canone favorevole, ma non fornisce tuttavia alcun dettaglio sui soggetti beneficiari, i criteri, i termini e le modalità di attribuzione del predetto alloggio, nonché sui servizi di assistenza effettuati ai soggetti svantaggiati, che consentano una valutazione sulla natura sociale e assistenziale della stessa attività.
Considerato che la descritta offerta di alloggi tramite contratto di affitto configura un’attività di carattere residenziale non rientrante nel settore dell’“assistenza sociale e sociosanitaria”’ in cui la Onlus dichiara di operare, l’Agenzia ritiene che l’istante non possa beneficiare della misura più favorevole del “Superbonus” per le spese sostenute sull’immobile.

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