Normativa e prassi

31 Gennaio 2022

“Smart workers” impatriati: via libera all’agevolazione

Con la risposta a interpello n. 55 del 31 gennaio 2022, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il regime fiscale di favore per i lavoratori impatriati non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato: dunque, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere, in modalità smart working, in Italia, attività alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero o i cui committenti siano soggetti stranieri non residenti.

Un cittadino italiano, iscritto all’Aire dal 2012 e residente in un Paese Ue dal 2018, aveva sottoscritto un contratto di lavoro dipendente presso una società ivi residente e rivestiva il ruolo di quadro/dirigente fino a giugno 2021.
La società comunicava, poi, all’istante una promozione a un livello superiore, dal mese successivo.
L’istante comunicava, quindi, alla società la volontà di trasferirsi a gennaio 2022 nuovamente in Italia, mantenendo il rapporto di lavoro dipendente e ottenendo l’autorizzazione a svolgere la propria prestazione lavorativa in smart working da tale Stato per le annualità a venire.
Pertanto, l’istante si rivolge all’Agenzia delle entrate per sapere se, una volta rientrato in Italia, potrà beneficiare del regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16 Dlgs n. 147/2015, per i redditi di lavoro dipendente prodotti nel nostro Paese a partire dall’anno di imposta 2022, con l’eventuale possibilità di fruire della suddetta agevolazione per ulteriori cinque periodi di imposta, laddove siano integrati i requisiti ai sensi del comma 3-bis dello stesso articolo 16.

La risposta dell’Agenzia
L’articolo 16 Dlgs n. 147/2015 ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati”: detta norma è stata oggetto di modifiche normative, tra cui quelle ex articolo 5 Dl n. 34/2019, convertito in legge n. 58/2019, in vigore dal 1° maggio 2019, che trovano applicazione “a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre2015, n. 147”.
Per fruire del trattamento di cui all’articolo 16 citato, è necessario, ai sensi del comma 1, che il lavoratore:

  • trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 Tuir
  • non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni
  • svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

In base al successivo comma 2, sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra Ue con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:

  1. sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più

ovvero

  1. abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi (cfr articolo 16, comma 3, Dlgs n. 147/2015).
Per accedere al regime speciale, la norma da ultimo citata presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
In relazione alle modifiche normative in vigore dal periodo di imposta 2019, sono stati forniti puntuali chiarimenti con circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, che ha precisato che il legislatore, con l’introduzione del comma 3-bis all’articolo 16 menzionato, ha introdotto un’estensione temporale del beneficio fiscale a ulteriori cinque periodi di imposta, con tassazione nella misura del 50% del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti quali, alternativamente, l’avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, oppure l’acquisto di un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà. Tale ultima ipotesi, specifica la norma, deve realizzarsi “successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento”.
La percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato negli ulteriori cinque periodi d’imposta si riduce al 10% se il soggetto ha almeno tre figli minorenni o a carico.

Datore di lavoro non residente
Ebbene, con specifico riferimento al datore di lavoro non residente, come nel caso di specie, al paragrafo 7.5 della circolare n. 33/2020 citata viene precisato che il menzionato articolo 16, come modificato dall’articolo 5, comma 1, Dl n. 34/2019, non richiede che l’attività sia svolta per un’impresa operante sul territorio dello Stato; pertanto, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
Di conseguenza l’istante, laddove risultino soddisfatti tutti i requisiti richiesti dalla norma in esame, potrà beneficiare dell’agevolazione fiscale in argomento per i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia in modalità “smart working” a decorrere dal periodo d’imposta 2022, a condizione che trasferisca la propria residenza fiscale in Italia.
Qualora l’istante dovesse acquisire in futuro anche gli ulteriori requisiti richiesti dalla norma potrà, altresì, fruire dell’estensione temporale del beneficio fiscale in esame a ulteriori cinque periodi di imposta, secondo quanto previsto dal comma 3-bis del citato articolo 16.

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