Normativa e prassi

18 Ottobre 2021

Il credito per “botteghe e negozi” non spetta alla profumeria

La società che svolge commercio al dettaglio di articoli di profumeria e cosmetici non può beneficiare del credito d’imposta per “botteghe e negozi”, previsto dal decreto “Cura Italia”, con riferimento ai locali condotti in locazione. Tali attività non sono interessate dal bonus in quanto ritenute essenziali e, quindi, non oggetto della sospensione Covid-19, in occasione del primo lockdown. Non conta che l’istante abbia ritenuto in autonomia di sospendere l’attività perché non in grado di assicurare adeguati protocolli di sicurezza contro il virus. La compagine può usufruire, per lo stesso mese di marzo 2020, del bonus affitti previsto dal decreto “Rilancio”, in presenza di tutti i requisiti. Questi i chiarimenti della risposta n. 714 del 15 ottobre 2021 dell’Agenzia.

Una Spa, facente parte di un gruppo internazionale operante nel settore del lusso, è suddivisa internamente in tre divisioni, una delle quali commercializza in Italia prodotti cosmetici e di profumeria, con una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale.
I locali commerciali, espone la compagine, nei quali viene svolta l’attività sono stati concessi alla società istante mediante la stipula di numerosi contratti di locazione, aventi diversa natura: sono, infatti, attualmente in essere contratti complessi di affitto d’azienda, il cui valore è rappresentato in prevalenza da immobili strumentali di varia natura (ad esempio, con categoria catastale D/8), oltre a semplici contratti di locazione di immobili strumentali (prevalentemente di categoria catastale C/1).
Tra le misure a sostegno delle attività commerciali, adottate per fronteggiare la crisi economica causata dalla diffusione del virus Covid-19, ricorda la società, vi è quella di cui all’articolo 65 del decreto “Cura Italia”, rubricato “Credito d’imposta per botteghe e negozi“, che prevede il riconoscimento ai soggetti esercenti attività d’impresa, per l’anno 2020, di un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.
Ai sensi dell’articolo 65, comma 2, del menzionato decreto, il credito d’imposta non si applica alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del Dpcm 11 marzo 2020 ed è utilizzabile, esclusivamente, in compensazione (articolo 17 Dlgs n. 241/1997).
Inoltre, la società istante fa presente che il Dpcm richiamato ha previsto, con riferimento al periodo di lockdown generalizzato nel nostro Paese, la chiusura di attività commerciali al dettaglio “non essenziali”, predisponendo un elenco di attività – ritenute dal Governo quali “essenziali” – ammesse a svolgere l’attività dedotta nell’oggetto sociale nei propri locali commerciali (allegati 1 e 2 del Dpcm in questione).
Ai sensi dell’allegato 1 richiamato, tra le attività essenziali viene annoverato anche il “commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per la toletta e per l’igiene personale“, descrizione che ricomprende l’attività svolta dall’istante. Detta disposizione – e, quindi, la qualifica di attività essenziale, con riferimento all’attività di commercio al dettaglio di articoli di profumeria come sopra descritta – è rimasta in vigore anche a seguito dell’emanazione dei successivi provvedimenti del Governo (Dpcm 22 marzo 2020, Dm 25 marzo 2020, Dl n. 19/2020).
La società istante precisa di svolgere attività di vendita di prodotti di profumeria e cosmetici che si collocano in una fascia di gamma “alta”, di cui solo una minima parte può essere ricondotta alla categoria dell’igiene della persona.
Alla luce della qualificazione dell’attività della società quale “essenziale” ne è pertanto derivata una esclusione della stessa dall’applicazione della disposizione del decreto “Cura Italia” e dal ricorso al credito d’imposta, previsto per le attività commerciali chiuse.
In questo senso, la società istante evidenzia che il Dpcm 11 marzo 2020, nel consentire alle attività essenziali di continuare a operare, ha, tuttavia, previsto il rispetto di regole di distanziamento sociale di un metro. In aggiunta a tale previsione, il 14 marzo 2020, è stato sottoscritto il “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro“, che – in relazione alle attività professionali e alle attività produttive – raccomanda intese tra organizzazioni datoriali e sindacali e contiene linee guida per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro non sanitari.
Pertanto, afferma la società istante, se da un lato il Dpcm ammetteva la prosecuzione delle attività essenziali, era da ritenersi che la prosecuzione delle medesime fosse una facoltà che le aziende dovevano considerare, alla luce della concreta possibilità di rispettare le disposizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro per garantire ai lavoratori la preminente tutela della salute.
Nel caso in cui non fosse stato possibile garantire ai lavoratori adeguate misure di sicurezza, ciascuna azienda avrebbe dovuto valutare la possibile sospensione della propria attività. Sospensione che è stata decisa dall’interpellante proprio perché non era in grado di fornire ai propri dipendenti i dispositivi di protezione individuale indicati nel Protocollo (mascherine, gel igienizzanti, guanti) né le condizioni di sicurezza richieste per il pubblico e la clientela.

La Spa chiede, quindi, all’Agenzia, un parere in merito all’applicabilità, in capo alla stessa, dell’articolo 65 Dl n. 18/2020, in considerazione delle particolari problematiche che si è trovata a fronteggiare nel periodo immediatamente successivo all’emanazione dei Dpcm sopra menzionati.

L’Agenzia, richiamato l’articolo 65, commi 1 e 2 Dl n. 18/2020 (decreto “Cura Italia”), ricorda che, come chiarito anche nella risposta n. 468/2020, per poter beneficiare del credito d’imposta il locatario deve essere titolare di un’attività economica, di vendita di beni e servizi al pubblico, oggetto di sospensione, in quanto non rientrante tra quelle identificate come essenziali, deve essere intestatario di un contratto di locazione di immobile rientrante nella categoria catastale C/1 ed avere effettivamente corrisposto il canone di locazione relativo al mese di marzo 2020.
Con la risoluzione n. 13/2020 e con le circolari n. 8/2020 e n. 11/2020 sono stati forniti importanti chiarimenti in relazione al “credito d’imposta per botteghe e negozi”.
A seguito dell’introduzione dell’articolo 122 del decreto “Rilancio”, il beneficiario può, “in luogo dell’utilizzo diretto, optare per la cessione, anche parziale”, del credito d’imposta ad altri soggetti, entro il 31 dicembre 2021.
Come si desume dal comma 2 dell’articolo 65 del “Cura Italia”, continua l’Agenzia, il credito d’imposta botteghe e negozi non spetta per le attività di commercio al dettaglio e dei servizi per la persona – individuate rispettivamente dagli allegati 1 e 2 del Dpcm 11 marzo 2020 – non soggette agli obblighi di chiusura, in quanto identificate come essenziali, tra i quali vi è il commercio al dettaglio di profumeria e cosmetici, attività svolta dall’istante. Tale disposizione è rimasta in vigore anche a seguito dell’emanazione dei successivi provvedimenti governativi.

L’Agenzia sottolinea, poi, che l’articolo 1, comma 1, n. 7) del predetto Dpcm raccomanda, tra l’altro, che in ordine alle attività produttive ed alle attività professionali, vengano assunti protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, vengano adottati strumenti di protezione individuale.
Inoltre, come premesso, nell’ottica di favorire intese tra organizzazioni datoriali e sindacali, è stato sottoscritto il Protocollo, contenente le linee guida condivise tra le parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio.
Ebbene, la società istante, pur potendo continuare ad esercitare l’attività della divisione in questione, consistente nel commercio al dettaglio di prodotti di profumeria e cosmetici, si è, tuttavia, trovata nell’impossibilità oggettiva di rispettare le prescrizioni contenute nel Protocollo e nella normativa emergenziale, prescrizioni volte a garantire la salubrità e la sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative e, quindi, la tutela della salute dei lavoratori e della clientela stessa. Si è trovata costretta a sospendere l’attività.

Tuttavia, l’Agenzia fa notare che, sotto il profilo letterale, l’articolo 65, comma 2, decreto “Cura Italia” esclude l’applicazione del credito d’imposta per botteghe e negozi alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del Dpcm 11 marzo 2020, ovvero a quelle attività non interessate, in quanto ritenute essenziali, dalla sospensione prevista dal Dpcm 11 marzo 2020. E, tra tali attività, come si è detto in precedenza, rientra anche quella svolta dalla società istante.
L’Amministrazione ritiene, pertanto, che il bonus per botteghe e negozi non può essere riconosciuto con riferimento ai locali condotti in locazione dall’interpellante. Tuttavia, chiosa l’Agenzia, ricorrendone i requisiti soggettivi e oggettivi, la compagine potrà usufruire, per lo stesso mese di marzo 2020, del credito d’imposta previsto dall’articolo 28 Dl n. 34/2020. Infatti, le imprese, che non hanno fruito dell’agevolazione per botteghe e negozi” in relazione al mese di marzo 2020 perché non erano soddisfatti tutti i requisiti, possono beneficiare dell’articolo 28 del decreto “Rilancio, se rientrano nell’ambito applicativo (circolare n. 14/2020).

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